IL TRIBUNALE Con ricorso depositato il 25 maggio 1987 Salvatore Di Pace conveniva in giudizio dinanzi al pretore di Milano la Esselunga S.p.a. chiedendo che fosse condannata a pagare in suo favore L. 3.858.588, oltre interessi legali e rivalutazione. Esponeva: di essere stata assunta dalla Societa' in minore eta'; che la societa' gli aveva riconosciuto ai fini della maturazione degli scatti triennali, l'anzianita' di servizio solo dal ventunesimo anno di eta', in conformita' alle disposizioni del c.c.n.l.; che la clausola del contratto collettivo era in contrasto con l'art. 37 della Costituzione che garantisce il medesimo trattamento economico ai minori rispetto agli adulti. Si costituiva la societa' chiedendo il rigetto della domanda, sostenendo che la normativa contrattuale era legittima. In via riconvenzionale chiedeva la restituzione degli importi di indennita' di contingenza pagati alla ricorrente sulla quattordicesima mensilita', non dovuti in base alla disposizione inderogabile di cui all'art. 2 della legge n. 91/1977. Sosteneva che la quattordicesima non era presente nella prevalente normativa del settore industriale cui la disposizione faceva riferimento. Il pretore decideva la causa accogliendo la domanda del lavoratore e rigettando la riconvenzionale della societa'. La societa' appellava la sentenza e ne chiedeva la riforma, insistendo sulla domanda riconvenzionale. Le parti, dopo avere scambiato, su invito del tribunale, note illustrative circa la interpretazione dell'art. 2 della legge n. 91/1977, discutevano la causa all'udienza del 16 maggio 1990. Il tribunale pronunciava ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale per l'oggetto e le ragioni che risultano dalle seguenti CONSIDERAZIONI DI DIRITTO 1. - Riproponendo in appello la domanda riconvenzionale di condanna del dipendente alla restituzione delle somme corrisposte a titolo di indennita' di contingenza sulla quattordicesima mensilita' dal 1977 in poi, la societa' rende necessario che il tribunale si ponga le seguenti questioni: A) la ricostruzione del contenuto normativo dell'art. 2 della legge n. 91/1977 onde verificare - ai fini del successivo problema di cui sub B - se sia corretto affermare che tale articolo, vietando nella specie la corresponsione dell'indennita' di contingenza sulla quattordicesima mensilita', determini l'effetto di rendere accoglibile la domanda riconvenzionale dalla societa'; B) la compatibilita' di tale contenuto normativo (nel senso prospettato dalla societa') con i principi costituzionali, giudizio, questo, che il giudice ordinario puo' richiedere d'ufficio alla Corte costituzionale (art. 23, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87). La dipendenza della soluzione della domanda della societa' dalla soluzione del problema interpretativo dell'art. 2 della legge n. 91/1977 e la connessa indagine sulla compatibilita' dell'interpretazione accolta con i principi costituzionali integra la condizione di rilevanza della questione di legittimita' costituzionale della norma da applicare, condizione indispensabile per investire la Corte costituzionale del relativo problema (art. 23, secondo comma, della legge n. 87/1953). Si osserva che non incide su tale rilevanza la tesi difensiva (subordinata) del dipendente secondo cui la legge n. 91/1977 sarebbe stata abrogata dalla legge 26 febbraio 1986, n. 38, in quanto la domanda riguarda anche un periodo antecedente tale legge del 1986. 2. A) - L'art. 2 della legge n. 91/1977 (testo che si iscrive, a pieno titolo, nella cosiddetta "legislazione lavoristica dell'emergenza": il rilievo non e' privo di valenze interpretative), recita nella parte che qui specificamente interessa: "Inoltre, gli effetti delle variazioni del costo della vita o di altra forma di indicizzazione su qualsiasi elemento della retribuzione non possono essere computati in difformita' della normativa prevalente degli anzidetti accordi interconfederali e dai contratti del detto settore per i corrispondenti elementi retributivi e limitatamente a tali elementi". La norma in esame ha per oggetto della propria regolamentazione, testualmente, la materia dell'incidenza delle variazioni del costo della vita e di ogni altra forma di indicizzazione sui vari istituti retributivi. Nell'ampia formulazione letterale (variazioni del costo della vita e ogni altra forma di indicizzazione) e' compresa senza dubbio anche l'indennita' di contingenza. Il parametro al quale si fa riferimento per la regolamentazione che e' oggetto proprio della disposizione in esame e' la normativa prevalente del settore industriale. I testi cui fare riferimento per le relative informazioni sono, secondo il tenore letterale inequivoco della disposizione, tanto gli accordi interconfederali sull'indennita' di contingenza quanti i contratti collettivi del settore stesso. Il contenuto della regolamentazione consiste nel limitare gli effetti della variazione del costo della vita e di ogni altra forma di indicizzazione (quindi anche della contingenza: vd. sopra) sugli elementi reributivi del settore industriale preso a parametro e limitatamente a tali elementi. La disciplina prevalente del settore industriale (giudicato nel 1977 il massimo che potesse essere tollerato dal sistema economico; vd. Relazione della XI commissione permanente del Senato sul disegno di legge n. 497 di conversione del d.-l. n. 12/1977) e' dunque presa in esame anche per quanto riguarda quegli elementi della retribuzione sui quali e' possibile la proiezione degli effetti dei sistemi di variazione del costo del lavoro e di ogni altra forma di indicizzazione (quindi anche la contingenza: vd. sopra) e all'opposto - sui quali non e' consentita la indicizzazione perche' non presenti nella normativa prevalente del settore industriale preso come parametro. Tale interpretazione, imposta dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse (art. 12, primo comma, disp. prel. del cod. civ.) e' conforme anche al criterio dell'intenzione del legislatore cui si richiama il secondo inciso del primo comma dell'art. 12 teste' citato. Tutti i lavori preparatori (si veda l'esordio del relatore Romei alla seduta in Senato del 16 febbraio 1977) rendono inequivocabile che la legge n. 91/1977 ha inteso recepire, nelle linee fondamentali, gli Accordi interconfederali 26 gennaio 1977 sul costo del lavoro e sulla produttivita'. Rispetto al contenuto di essi non e' vera la tesi della difesa del dipendente secondo cui in tali Accordi non sarebbe stato neppure prospettato l'oggetto dell'incidenza della scala mobile su particolari elementi retributivi. Al contrario, l'art. 2 di tali Accordi prospetta che al fine di realizzare la eliminazione degli automatismi derivanti dalla variazione della scala mobile sui prezzi di produzione o compensi salariali equivalenti o emolumenti aggiuntivi aventi analoghe caratteristiche, in sede di categoria verranno definite le nuove normative dei premi o compensi che decorreranno dal 1º febbraio 1977. Rispetto agli Accordi interconfederali in parola non si e' avuto dunque da parte della legge n. 91/1977 un travalicamento oggettivo cioe' di materia ma esclusivamente una modificazione del tipo di intervento per ottenere la regolamentazione di una materia identica, nel senso che al prospettato intervento per atto di autonomia collettiva si e' sostituito un intervento per legge. Oltre ad una connessione specifica, va rilevata - tra legge n. 91/1977 e Accordi interconfederali citati - una relazione generica quanto a finalita'. Entrambi si pongono in una prospettiva di riduzione del costo del lavoro attraverso una operazione che tendeva ad uniformare i trattamenti retributivi a quelli del sistema industriale. Tale finalita' sarebbe stata frustata se, al contrario, fossero consentiti, dalla interpretazione della norma, trattamenti difformi da quelli presi a parametro. Si puo' dunque concludere che l'operativita' dell'inciso finale dell'art. 2 della legge n. 91/1977 puo' cosi' riassumersi: ad una variazione del costo della vita fa riscontro una variazione dell'ammontare di un istituto retributivo se e nella misura in cui cio' sia stabilito dalla prevalente contrattazione del settore industria. In base a tale disposizione quindi l'indennita' di contingenza non incide su quell'elemento sicuramente retributivo che e' la quattordicesima mensilita' se la quattordicesima mensilita' non e' presente nella prevalente contrattazione del settore industria. L'interpretazione accolta dal tribunale e qui esposta ai fini del rilevamento della condizione della rilevanza e' del resto quella adottata e fatta propria dalla Corte costituzionale nella sentenza 23 giugno 1988, n. 697. B) Quanto al punto di fatto costituito dalla circostanza che la prevalente contrattazione collettiva del settore industriale non prevede la quattordicesima mensilita', si osserva che esso e' incontroverso. La societa' ha sempre dedotto - sin dal primo grado - tale circostanza e il dipendente non l'ha espressamente contestata. Anzi tutto il dibattito giudiziale di 1º grado si e' svolto sul presupposto che la prevalente disciplina del settore industriale non prevede la quattordicesima mensilita'. 3. - L'art. 36 della Costituzione oltre ad assicurare una retribuzione proporzionata alla qualita' e quantita' del lavoro, si impegna - in via di principio - a garantire che tale retribuzione sia in ogni caso sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa. Tendenzialmente, quindi, la norma ricordata prospetta il diritto ad un salario reale, intendendosi con tale termine, sostanzialmente, l'idoneita' del salario nominale (espresso in denaro) ad acquisire quei beni intermedi e strumentali, di vario genere e qualita', dai quali discende il soddisfacimento del bisogno finale (una esistenza libera e dignitosa). Le continue modificazioni in senso ascendente del valore di scambio dei beni intermedi e strumentali, espresse nell'aumento del prezzo degli stessi, ha sempre reso attuale il problema dell'adeguamentodelle retribuzioni del lavoratore dipendente al costo della vita. Storicamente lo strumento per adeguare i salari al mutamento del potere d'acquisto del denaro per l'aumento dei prezzi dei beni, puo' essere attuato o con sistemi di correzione automatica delle retribuzioni (indicizzazione dei salari) ovvero con procedure periodiche di (ri)contrattazione dei salari stessi. Il nostro ordinamento attua un sistema misto astrattamente ideale ad associare alla funzione di "ammortizzatore delle tensioni sociali" del metodo di indicizzazione, la conservazione del ruolo sindacale che si esprime nella contrattazione periodica dei trattamenti salariali. Nel nostro ordinamento l'indicizzazione (e cioe' uno dei concorrenti sistemi di salvaguardia del salario reale) e' attuata in linea generale - dalla scala mobile sulla contingenza che trae origine dal d.l.lgt. 1º agosto 1945, n. 692, e attraverso numerosi atti di autonomia collettiva sfocia nell'Accordo interconfederale 25 gennaio 1975 che istituisce il punto unico di contingenza. Queste sommarie indicazioni consentono di affermare senza alcun dubbio che l'indennita' di contingenza: a) dal punto di vista del sinallagma contrattuale e' retribuzione in senso proprio; b) dal punto di vista funzionale costituisce uno strumento essenziale per garantire l'osservanza del precetto costituzionale che vuole che la retribuzione sia sufficiente ad assicurare al dipendente e alla di lui famiglia una esistenza libera e dignitosa. Per quella parte di variazione del costo della vita coperta dal sistema di scala mobile, infatti, il lavoratore e' garantito automaticamente e comunque in virtu' della convenzione sulla quale il sistema e' fondato. 4. - Una norma di legge che intervenga, senza limitazione di tempo, sull'indennita' di contingenza bloccandone le variazioni positive o limitando i suoi effetti ad una parte della retribuzione dovuta al lavoratore dipendente, non puo' non suscitare seri sospetti di incostituzionalita' per violazione della gia' ricordata norma dell'art. 36 della Costituzione. E per tale aspetto non e' manifestamente infondata la questione della sua legittimita' costituzionale. Tali tipi di intervento si pongono innanzitutto in contraddizione di principio con il precetto sopra ricordato. Essi ipotizzano infatti - con la loro assenza di limite temporale di efficacia, una irreale situazione di fatto in cui il bene finale integrale assicurato dal precetto costituzionale avrebbe sempre lo stesso costo per il lavoratore dipendente. La contraddizione di principio e' tanto evidente che lo stesso legislatore della legge n. 91/1977 aveva previsto originariamente - come e' noto - che il provvedimento in questione avesse durata temporalmente limitata. Tale originario disegno svelava da un lato la consapevolezza dell'irragionevolezza di interventi comunque diretti a limitare gli effetti della contingenza e dall'altro individuava la ragionevolezza di tali interventi nella presenza di situazioni eccezionali e quindi ne postulava la sostanziale temporaneita', correlabile alla permanenza della situazione eccezionale giustificatrice. Questa Corte ha gia' del resto chiarito come la modificazione di uno stato di fatto, stato di fatto assunto per la sua importanza ed eccezionalita' a condizione giustificatrice di una norma, possa determinare una diversa valutazione di tale norma sotto il profilo costituzionale allorquando cessi la causa eccezionale che tale norma giustificava (Corte costituzionale 12 aprile 1989, n. 181). Nella specie sottoposta all'esame dell'ecc.ma Corte costituzionale e' fondatissimo il dubbio - da parte del tribunale remittente - che le ragioni economiche che mossero il legislatore a bloccare la indennita' di contingenza sulla quattordicesima mensilita', ragioni individuabili nella crisi del sistema produttivo verificatasi intorno all'anno 1977 (e non a caso responsabili di una legislazione lavoristica di emergenza, come, ad esempio, i seguenti testi: 1) d.-l. 11 ottobre 1976, n. 699, convertito con modifiche nella legge 10 dicembre 1976, n. 797, in tema di conversione in BOT di parte dell'indennita' di contingenza; 2) legge 23 maggio 1977, n. 266, modificativa del regime giuridico del contratto a termine; 3) d.-l. 3 dicembre 1977, n. 876, convertito con modifiche nella legge 3 dicembre 1978, n. 18, in materia di contratto a termine nel commercio e nel turismo; 4) d.-l. 7 febbraio 1977, n. 15, convertito nella legge 7 aprile 1977, n. 102, sul contenimento del costo del lavoro; 5) legge 12 agosto 1977, n. 675, sulla riconversione industriale; 6) d.-l. 30 marzo 1978, n. 80, convertito con modifiche nella legge 26 maggio 1978, n. 215, nonche' d.-l. 13 dicembre 1978, n. 795, convertito nella legge 9 febbraio 1979, n. 36, sulla mobilita' dei lavoratori, siano venute meno nel tempo, provocando cosi' la sopravvenuta incompatibilita' dell'art. 2 della legge n. 91/1977 (nella parte denunciata dall'ordinanza) con l'art. 36 della Costituzione in quanto norma ordinaria impeditiva della attuazione della norma costituzionale. 5. - Un ulteriore profilo di non manifesta infondatezza si rileva riflettendo sulla natura strettamente retributiva delle mensilita' aggiuntive (tra le quali la quattordicesima) e sul tipo di effetto prodotto dall'art. 2 della legge n. 91/1988 nel punto in cui esclude l'incidenza della contingenza sulla quattordicesima. E' noto che le mensilita' aggiuntive (tredicesima, quattordicesima) costituiscono, nell'ambito dei rapporti di lavoro per i quali sono previste, vera e propria retribuzione, vale a dire compensi per l'opera prestata nell'arco di tempo correttamente considerabile secundum rerum naturam (l'anno). Cio' significa che la retribuzione dovuta a quel dipendente nell'anno di prestazione e' globalmente la retribuzione quale risulta dalla somma della retribuzione dovuta per i mesi di calendario piu' quella dovuta per le mensilita' aggiuntive (convenzionali rispetto alla durata reale dell'anno). Cio' e' tanto vero che nei casi di cessazione del rapporto all'interno del periodo annuale, le mensilita' aggiuntive vengono attribuite per "ratei" in funzione del tempo reale di prestazione del lavoro. Ed allora l'esclusione dell'incidenza della contingenza sulla quattordicesima mensilita' e' qualificabile - teoricamente - non come riduzione del valore della contingenza ma come esclusione di una parte della retribuzione ordinaria dalla tutela della indicizzazione. Ed allora e' ravvisabile un contratto con l'art. 3 della Costituzione perche' a differenza dei lavoratori del settore industria, per i quali l'indicizzazione opera su tutta la retribuzione ordinaria, una parte cospicua di lavoratori subordinati (quelli del settore commercio) viene trattata in modo diverso. Non sembra al tribunale remittente che sia obbiettivamente rilevabile tra lavoratori dell'industria e lavoratori del commercio una diversita' di situazioni tale da giustificare la violazione del principio di parita' espresso dall'art. 3 della Costituzione. In primo luogo i settori messi a confronto raggruppano categorie e posizioni lavorative che sono - pur nelle diversita' funzionali correlati alle diverse esigenze dei due settori - sostanzialmente omogenee tra loro. Non e' possibile rinvenire nel settore discriminato un'area investita da privilegio istituzionalizzato o sottoposto a normative legali caratterizzanti. In secondo luogo e' di comune esperienza che le retribuzioni del commercio sono in genere piu' basse delle retribuzioni del settore industria per gli inquadramenti corrispondenti o affini. Cio' - se da una parte esclude l'esistenza di una diversita' che ragionevolmente giustifichi un trattamento diversificato e deteriore in punto contingenza - induce a ritenere come molto probabile che la corresponsione della quattordicesima abbia avuto, per il settore commercio, una finalita' essenzialmente perequativa del trattamento economico globale. Ad identiche conclusioni circa la violazione dell'art. 3 della Costituzione si perviene anche se si ipotizzasse - contro la struttura normativa degli istituti fin qui considerati - che la norma qui denunciata riduca la entita' della contingenza pur considerando tutta la retribuzione. Anche questa forzata interpretazione colliberebbe con l'art. 3 della Costituzione in quanto verrebbe a legittimare (senza ragione: vd. sopra) un trattamento di contingenza diversificato e deteriore per una parte rilevante di lavoratori subordinati (settore commercio) rispetto a quello riservato ai lavoratori dell'industria.